Presentazione Banlieue 8







Vogue

Presentazione Banlieue VII

Lettera aperta ai trentenni single e senza figli

Anche i trenta (quarantenni) single senza figli sono una categoria in costante crescita nelle metropoli grige e inospitali del mondo occidentale. L'ISTAT conferma questo dato con statistiche allarmanti, domodossologi si sbizzarriscono con teorie e Alberoni ci asciuga settimanalmente con editoriali sul Corriere. Il mercato risponde fabbricando merci ad usum di questo degno consumatore fomentato dagli “stilosi” adelfi della dissoluzione e da Studio Aperto. Alcuni di questi uomini hanno ancora qualche remoto tratto da ragazzo in memoria di quel che fu, lustri fa. Certo, il loro vantaggio sta nel fatto che, per mere ragioni biologiche, hanno a disposizione più tempo delle loro corrispettive anagrafiche per generare. Se le trentacinquenni già possono acquistare libri sulla menopausa da affrontare in serenità, il maschio ha ancora delle primavere per mettersi in salvo da un disperato destino di abbandono e solitudine, imprigionato nel minimalismo del suo monolocale, della sua utilitaria o, peggio ancora, tra i soprammobili ostili delle case dei malandati genitori che non realizzeranno mai il sogno di portare al parco i nipotini e rispondere ai loro mille perché.
Caro trentenne, chi te lo fa fare di uscire tutte le sere con i tuoi amici sterili alla ricerca di intrattenimento? Intanto il tuo gruppo poco a poco si assottiglia, si dirada di elementi, i matrimoni impazzano, alcuni ti reclamano come testimone (tanto sei sempre disponibile). È doloroso capire che quegli amici accasati li hai persi per sempre come i capelli su quella testa spelacchiata che sei costretto a specchiarti sconsolato ogni mattina. Patetico, hai anche acquistato via internet quella lozione miracolosa per non perdere capelli - concentrato della saggezza di Cesare Ragazzi - per poi renderti conto che sei stato buggerato. Al pub il lunedì sera siete rimasti in tre, single zitelloni, a bere doppio malto, parlare di sport, del vostro lavoro e di avventure color seppia. Esci, perché se stai a casa a guardare la televisione ti rendi conto che la vecchiaia sarà sempre più simile a quella sera, solo con più acciacchi. La distanza spaziotemporale con le ragazzine che vorresti portarti a letto diventa siderale, ormai – anche culturalmente – vivi su un altro pianeta, parli un'altra lingua, invano tenti di adattarti e di mimetizzarti.
Trenta-quarantenne single: hai tempo di aggiornare il tuo stato su facebook almeno tre volte al giorno. Fai vedere che sei ancora vivo, fallo per quelle slabbrate, follicolari e consumate amiche che si ostinano a passare una notte post-gomito alzato nel tuo sudicio letto da una piazza e mezza, e per le quali il massimo raggiungimento della vita coniugale è uno spazzolino da denti dimenticato in un cesso altrui.
Ma dai, che aspetti a sistemarti? le avventure che raccontavi in palestra al tuo vicino di tapis roulant non interessano più a nessuno. Pure tu ti annoi quando ci pensi, sono come le favole che vengono continuamente ripetute ai bambini. E poi sono avvenute così tanto tempo fa che ormai i ricordi evaporano come gli amici liberi con cui organizzare un week end goliardico. Il passo dalla discoteca al girare in auto solo per le periferie in cerca di un'ora di compagnia (a pagamento) o di una moglie in Romania è breve come una poesia di Ungaretti Cosa aspetti ad accasarti? Ti sei anche reso conto che le trentenni rampanti alla sex and the city sono sempre più nevrotiche ed in preda alle lune che solo gli psicofarmaci possono assopire, allora ti rivolgi alle liceali che ti danno del lei per mantenere le distanze, così sconfitto concludi la serata davanti a youporn.
Caro trenta-quarantenne, cosa aspetti aprire il cuore ad un'altra anima sola e bisognosa di elargire amore. Non attendere che sia troppo tardi o che il tuo cuore venga pietrificato dal tempo. I padri troppo maturi, ecco un altro dramma dei nostri anni, quelli che hanno ottenuto la sopravvivenza del loro gene in extremis, li vedi che vanno a prendere il pargolo all'asilo che sembrano nonnini, già con i loro acciacchi. Il bambino che corre per abbracciarlo ed il padre-nonno non lo solleva con la passione di una Coppa del Mondo causa sciatica, artrosi lombare- cervicale, meniscopatia, o dolori dell'età che lo rendono totalmente out of age per la pubblicità dell'olio cuore.
Caro il mio single con più di tre decadi, ti posso dire una cosa? Mi fa schifo lo spacciare il tuo viaggio annuale con l'amichetto del cuore a Cuba o in Thailandia per dell'innocuo turismo, perché lì ti trovi bene, perché lì il mare è cristallino, perché sei un appassionato di snorkeling e per altre abbaglianti falsità che ti inventi.
E le tue partitelle a calcetto sull'erba sintetica. Dopo uno scatto hai già il fiatone, nel dopolavoro che si prolunga in una cena fuori per gli stoici che a casa non hanno nessuno se non la televisione e una scatoletta di fagioli da mangiare seduti sul divano; il tuo platform, le tue partite online, il terzo capitolo della tua autobiografia che non verrà mai pubblicata perché la tua vita non interessa a nessuno.
Caro il mio Vitellone, che a Milano ha trovato terreno fertile da inaridire, altri con cui varcare da soli la porte della vecchiaia, vincenti, perdenti, autosufficienti, trentaseienni che vivono a casa con mammà nella stessa stanza dove hanno passato l'adolescenzà, quarantenni che compiono efferati delitti, che hanno ancora il poster di Gullit nella stanza, con la lista delle cose da far comprare al supermercato, dediti allo stalking, al fantacalcio, allo struscio in corso Como, creativi da aperitivo al wine bar, che hanno un sacco di cose da fare, che hanno ancora tempo di essere, che la vita comincia a trent'anni. Ma vaffanculo.

Chiacchiere tra girls: conversazione con Eliana Cartella, “amica” di Mario Balotelli e Renzo Bossi

Ciao Eliana, sono felice di essere venuta a Brescia per incontrarti e fare quattro chiacchiere in leggerezza. Spero che tutto avverrà senza peli sulla lingua, glabramente, non come hai fatto con Vanity Fair...

Katia, tenendo conto che il tuo blog non ha la visibilità di quella rivista patinata, prometto che risponderò ad ogni domanda che mi porrai, senza resistenze o giri di parole.

Sono contenta di questo, come sai Intimamentekatia è un blog impegnato, ma che sa anche crogiolarsi nelle frivolezze, nei gossip che sono il sale della vita, il liquido amniotico dell'anima. Lo sai Eliana che siamo coscritte? Però io sono più giovane di qualche mese.

Già, il 1990 è stato un anno molto produttivo! Però io annovero già 2 fidanzati famosi, tu Katia sei sempre ferma allo stesso da tempo. Bisogna cambiare Katia, altrimenti si esce dal panorama mediatico. Il nomadismo è la chiave...

Tutti che parlano di questo nomadismo, ma cos'è una nuova moda giovanile? Io sto con Angelo perché lo amo!

Ma come, non leggi Cosmopolitan? Si parla spesso di nomadismo psichico come chiave del successo per uscire con molti uomini senza troppe paturnie e resistenze morali, mentali. Si vede Katia che sei più giovane di qualche mese e un po'... ingenuotta. Avremo tempo più avanti, quando saremo delle anziane trentenni, per una relazione stabile, ora dobbiamo divertirci, farci conoscere, apparire sui media. Scrivendo il tuo nome su google quante pagine hai? Io migliaia, ogni giorno di più. È orgasmica la notorietà; più ne hai più ne vuoi, come una droga, solo che è legale.


Eliana, io preferisco usare altri strumenti per farmi conoscere, le mie relazioni sentimentali fanno parte della mia vita privata e vorrei tenerle fuori da blog e carta stampata. È per questo che ho smesso di aggiornare da tempo il mio diario intimissimo che termina quando mi fidanzo con Angelo... ma non è di me che, almeno oggi, vorrei parlare.

Beh, direi! Hai qua di fronte a te la ragazza che frequenta Renzo Bossi e Mario Balotelli, direi che la gente vuole sentire parlare di altro. In questo momento la diva non sei tu, Katia.

Da quale dei due ragazzi cominciamo? Domanda a bruciapelo: quale dei due preferisci?

Difficile fare una scelta. Bossi e Balotelli sono complementari, le doti che ha uno non le ha l'altro. È per questo che continuo ad uscire con entrambi. Anche se so che ad un certo punto dovrò fare una cernita, eppure stare solo con uno mi sembra riduttivo, perché accontentarsi della monovolume quando si può avere la station wagon? Insieme Bossi e Balotelli fanno un uomo vero, e che uomo!

Sostanzialmente perché non siamo poligami Eliana, e perché Dio non gradisce che ci concediamo a destra e manca, che i nostri ovuli siano il ricettacolo di inseminazioni plurime. L'uomo è come un diamante, deve essere per sempre. Cioè, all'inizio si può girare un po' a vedere cosa offre il mercato, si perlustra il negozio, si provano un po' i vestiti, ma la finalità deve essere l'unità, la coppia. Ad un certo punto ci si rende conto che è giusto fare l'acquisto per la vita, è un po' come l'abito da sposa, si compra una volta sola. Si possono fare lavori di cucito per cambiarlo, ma l'abito è quello e te lo tieni. Non credi?

Ma Katia, in nessun abito troverò un arcobaleno tale di varietà e di potenzialità come nell'accoppiata Bossi-Balotelli. E' come un abito che va bene sia d'estate che d'inverno, elegante e casual, chiaro e scuro.

Dovremmo un po' superare queste metafore.

D'accordo, Balotelli c'ha il cazzo, Bossi il cervello.

Ehi, Eliana, sta attenta con le parole che usi, questo blog è frequentato anche da persone sensibili e da minorenni.

Ma dai Katia, non essere bigotta. Lo sappiamo tutte noi, girls un po' scafate e internaute, che le dimensioni del membro nero sono ragguardevoli. E' per ragioni antropologiche, mi sono documentata a lungo, sono anche andata a parlare con un professorone della Cattolica. Le ragazze nere hanno la vagina più capiente e gli uomini si sono evoluti “dimensionalmente” per soddisfarle, poi devi sapere che è anche un fatto di legamento al di sopra del pene, quello che lo congiunge con il pube, adesso non so il nome tecnico, ma nei neri è praticamente assente e così hanno la possibilità di guadagnare centimetri preziosi. Quel legamento nell'evoluzione del popolo nero si è ridotto per consentire la piena realizzazione dell'uccello, mentre nell'evoluzione bianca resta, per questo alcuni bianchi se lo fanno asportare chirurgicamente.

Che esperta che sei, ma avrà anche altre qualità Balotelli...

Katia, ti garantisco che la sua estensione metrica è più che sufficiente, ma oltre a quello il suo plusvalore è che è pieno di soldi e ama spenderli per farti felice, però è un po' stupidino, il suo vocabolario è molto ristretto, usa poche parole e spesso inappropriate, ed i suoi sms hanno errori di ortigografia clamorosi, intellettualmente mi sento svalutata quando esco con Mario, non riesco a valorizzare appieno i miei studi da modella. Ma cosa ci vuoi fare, mica è italiano...

Ma come non è italiano, Eliana?

Va beh, non è bianco, qualche genetica incapacità a parlare la nostra lingua ce l'avrà, antropologicamente intendo. Però quel che conta è che ti compra un sacco di cose, e questo tende a farti dimenticare che è molto simile ad un orango. Anche accarezzargli i muscoli sulle gambe te lo fa dimenticare in un baleno,quando lo faccio non ricordo nemmeno da quante calorie è composta la mia dieta giornaliera! Balotelli gira con la sua American Express e la tira fuori con una disinvoltura inimmaginabile, come un pistolero del West. C'è da dire che quando usciamo insieme e non stiamo in casa facciamo vita defilata per non farci assalire dai paparazzi in cerca di gossip. Usciamo dall'auto ed entriamo in ristoranti di lusso e luoghi frequentati da un'élite di cui io modestamente faccio parte, non calpestiamo molto asfalto, più tappeti rossi direi. Questo da un lato mi piace perché abbiamo più privacy, dall'altro mi spiace perché farsi vedere è importante, almeno per la mia realtà, per il mio lavoro futuro. Passo così tanto tempo a curare e plasmare il mio corpo che sarebbe un vero e proprio spreco non apparire. A proposito Katia, fammi avere prima le foto che metterai sul tuo blog.

Certamente Eliana. E invece con Renzo Bossi. So che lui è proprio cotto di te. Qual è il rapporto tra i due ragazzi che ti contendono?

Sono sportivi, cercano di prevalere sul campo di gara senza troppe scorrettezze. Io sono molto contenta che questa libera concorrenza crei benefici, cioè doni e regali costosi per la sottoscritta. La loro tenzone mi porta indubbi vantaggi, sia in fatto di merci che di visibilità.

Merci?

Ops, intendevo abiti firmati, oggettini carini, bijoux.

Dai, sii più specifica. Cosa dice Renzo Bossi che esci con un ragazzo di colore. Non è che perdere questa competizione con Balotelli sarebbe una sconfitta per l'orgoglio Padano, che deve alzare bandiera nei confronti del potere nero, certo, lo so che è italiano, ma sto dicendo ciò che Balotelli rappresenta, il nero che spodesta gli italiani, che ruba le loro donne.

Guarda Katia, c'è stata una volta che Renzo, un po' aizzato dalla competizione, ha fatto una cazzata, ma ti giuro, è stata l'unica volta. Insomma, si è imbottito di viagra per dimostrarmi che anche il membro Padano sa svolgere il suo compito, ma per poco non gli veniva un malore...

Sarebbe stato un bello scherzo del destino, sai che anche suo padre ha avuto problemi col viagra, conosci la storia? Proprio perché doveva fare bella figura con una Miss Padania di cui preferirei non dire il nome, si è imbottito e poi gli è venuto l'ictus. Lo so da fonti ufficiali. Avresti dovuto dire a Renzo i rischi che correva.

Gliel'avrei detto, mica voglio trovarmi un morto nel letto, poi farei la fine mediatica di Patrizia (n.d.r, il travestito trovato a letto con Lapo Elkann). Insomma, esser-ci è una buona pubblicità, ma quando ci scappa il morto la pubblicità è destinata a ritorcersi contro. Almeno questo è ciò che ha detto il mio agente.

Curioso anche che quest'anno Bossi padre ha optato per andare a Miss Padania, insieme ad altri ottuagenari tipo Emilio Fede, ad arraparsi guardando le minorenni che sfilavano, mentre Renzo Bossi, che si sarebbe trovato bene come una trota nel fiume tra le sue quasi coscritte, è stato mandato a Malta insieme a degli uomini per seguire il torneo di calcio degli stati non riconosciuti. Ma come andò quella volta con Bossi figlio strafatto di viagra.

C'è poco da fare Katia, ci vogliono 100 Renzo Bossi in overdose di viagra, per fare un Balotelli che dorme. Poi gli venne una tachicardia che pensavo esplodesse. Non ti dico che paura che ebbi. Lui affannato e iperteso mi disse: “Mi sono imbottito di viagra, o mio dio, ho paura, non dirlo a mio padre...”. Devo dire che non la presi molto bene. Se vedo che un uomo, per di più giovane ed in salute come Renzo Bossi prende del viagra per venire a letto con me mi vien da pensare che non lo eccito, che il mio corpo non gli piace da impazzire, e con tutta la cura che ci metto per forgiarlo, il mio corpo, con tutte le ore passate a vom... cioè, con tutte le ore passate in bagno.

Quindi tu hai conosciuto anche il senatur Umberto Bossi?

Si, un paio di volte sono andata a cena a casa loro. È stato divertente osservare le dinamiche padre-figlio, i loro battibecchi, le loro complicità. Renzo si vantava con suo padre dicendo, visto che bella fiòla che ti ho portato in casa, Umberto dava pacche sulle spalle, bofonchiava che quando ce l'aveva duro... insomma, puoi immaginarti cosa mi avrebbe fatto... ed io ero giustamente orgogliosa di tutte queste attenzioni riguardo al mio corpo. Ora Umberto Bossi, poverino, mi fa un po' pena. C'è una badante dell'est che lo imbocca perché lui non è in grado di mangiare da solo. Renzo invece mi sembra un bambinone costretto a ricoprire un ruolo di cui non ha ancora il fisico. A casa si comporta proprio come un bambino, gioca con la palla di spugna, fa le scivolate per terra con le ginocchia, fa versi stupidi, rutti, quando è offeso si rifugia nel suo cantuccio. Poi, Katia, questo lo devo proprio raccontare ai lettori del tuo blog: Umberto Bossi ha una paura matta che quelli di Repubblica mettano nel letto di Renzino una escort con l'intento di creare scandali. Così dice sempre: sta attento alle ragazze con cui esci, se una vuole venire a letto subito con te potrebbe farlo solo per fregarti.

Che tenero... senti, poi c'è un'altra cosa che vorrei chiederti. In un intervista a Vanity Fair hai raccontato di quel concorso di Miss Maglietta Bagnata organizzato dai Giovani Padani . Delle direttive dall'alto, quindi casa Bossi, dissero di non farti vincere, perché ciò avrebbe aizzato le malelingue sulle raccomandazioni per la tua amicizia particolare con Bossi junior. Ciò che mi indigna di questo fatto è sapere di un concorso così prestigioso truccato per fini politici. Eliana, io spero sempre che ci sia una certa meritocrazia nei concorsi per le miss, poi mi vieni a raccontare che chi sta al di fuori della giuria può inficiare sul risultato della competizione, o Dio, questo mi adira tantissimo... anche perché ci sono ragazze che ci credono a questi concorsi, e così per le loro madri...

Si Katia, anche a me diede molto fastidio, anche perché ero convinta di essere la ragazza messa meglio in fatto di seni. Beh, per fortuna non partecipavi tu Katia, perché sarebbe stata una bella sfida. Furono soltanto queste direttive dall'alto che rovinarono il mio sicuro trionfo. Io credo che il parlamento dovrebbe aprire un'interrogazione su questo fatto scandaloso e penso che sia anche perseguibile per legge, come si chiama sta trasgressione? Impalchi truccati forse. Però se ci pensi una mia vittoria avrebbe suscitato dubbi e forse scandali tra i giornalisti, specie quelli di Repubblica.

Eliana, vedendo i tuoi seni sono sicura che avrai modo di rifarti...

Eh, eh, diciamo che ho già avuto modo di intervenire...

Dimmi una cosa: se dovessi scegliere solo una di queste fiamme da portarti su un isola deserta, chi sceglieresti?

Sai, con Balotelli il divertimento è soprattutto fisico, mentre Renzo è capace di valorizzare la mia intelligenza, riusciamo anche a fare discussioni alte, mi parla di politica, di federalismo, di orgoglio bresciano, ed io pendo dalle sue labbra dotte. Entrambi però come ti dicevo all'inizio sono un po' incompleti. Per questo al momento preferisco tenermeli tutt'e due.








Veniteci per conoscermi!


L'agghiacciante racconto di quando Vittorio Feltri cercò di stuprarmi

Amici e amiche,

Ora, quando penso a Satana, mi si materializza nella testa il viscidume di un sedicente giornalista, direttore di una delle testate, ahimè, più importanti del nostro Paese: Vittorio Feltri. Il fattaccio che sto per raccontarvi accadde circa un anno fa, quando ancora stavo completando gli studi dell'ultimo anno delle superiori. In quel tempo ero ingenua come Cappuccetto Rosso e sprovvista del know how che ora mi corazza dagli Adelphi della dissoluzione, tanto che finii dritta dritta nelle fauci del lupo malvagio.

Vi narro questa lugubre storia per ammonirvi dei pericoli insiti in una speranza come quella di lavorare nel fantastico mondo del giornalismo, speranza di cui ho visto gravidi gli occhi di alcune neolaureate dello Iulm, bramose di prendere il posto della loro beniamina Concita de Gregorio.

Avevo 18 anni quando mi recai nella sede milanese de Il Giornale per un colloquio di lavoro. Ero stata contattata da una segretaria per una proposta di collaborazione. “Il nostro prestigioso direttore ha letto il tuo blog e sarebbe interessato, previo colloquio, ad inserirti nell'organico”. Io ancora non sapevo di tutto il coacervo di malvagità luciferina insito in questa testata berlusconiana ed ero assai felice di poter esprimere le mie variopinte e giuste idee attraverso la carta stampata, indipendentemente dal partito politico di riferimento. All'insaputa di mia madre ho bigiato la scuola, nonostante un decisivo compito in classe di matematica, per recarmi nel cuore pulsante di Milano, in via Negri, nella (ora ex) sede de il Giornale.

Mi sono presentata abbastanza tirata, giusto per non dare l'impressione di essere una sciattona incurante dei vestiti e delle fonti delle notizie. Sulle spalle avevo il mio zainetto rosa Eastpack con numerosi orsacchiotti e gadgets attaccati. Solo nel momento di varcare la vitrea porta automatica mi è balenato in mente che quella paccottiglia morbidosa non sarebbe stata un buon biglietto da visita per entrare in uno dei più prestigiosi (così pensavo in quel tempo) giornali italiani. Ma a quanto pare non era nell'interesse di questi tipi assumermi o glorificare la loro testata con i miei articoli di denuncia verso tutto il male che logora l'Italia rendendola molto simile a Mammona.

Una donna talmente rifatta da essere ricostruita al di fuori della sua struttura portante originaria (mi viene in mente l'Aquila) mi disse di aspettare l'arrivo del Magnifico Direttore. Avrei dovuto immaginarmi che in quegli uffici Satana proliferava come l'Aids tra gli omosessuali di San Francisco, vedendo le locandine di numerosi film sul cannibalismo attaccati sulle pareti della sala d'attesa. In una, particolarmente truce, una donna era appesa per i seni con dei ganci da macellaio. Mi sconvolse poi vedere incorniciato il manifestino di un film titolato “La Bestia in calore” e un tavolino nero su cui erano presenti numerose riviste pornografiche e alcuni fermacarte a forma di fallo, o forse erano dei falli a forma di fermacarte.

Non dovetti contemplare a lungo quelle nefandezze; una più grande, nascosta nel corpo di un uomo dotto e affermato, stava per prospettarsi ai miei occhi. Vittorio Feltri mi accolse molto calorosamente nel suo ufficio. All'inizio fu dolce e mi ricoprì di complimenti e sdolcinatezze, disse che per lui la verità era la cosa più importante ed io la incarnavo perfettamente, che la verità era stata plasmata dagli dei ed aveva preso la forma del mio corpo giovane e prosperoso, che se la Verità avesse avuto una musa quella musa sarei stata io, che avrei potuto ispirare per un tempo X un numero N di poeti ed il risultato sarebbe stato . Insomma, Feltri sussurrava cose che non proferirebbe certo il tuo ragazzo dopo un paio di penne ed una sgasata sul motorino, nemmeno dopo aver bevuto un litro di redbull nel quale un prete ha sciolto degli acidi. Questa sua poetica gentilezza mi diede un po' di energia positiva, così vinsi l'emozione di parlare con un uomo della sua stazza e gli dissi che mi piaceva scrivere e che avrei fatto di tutto per diffondere la Verità tra i lettori valorizzando la loro intelligenza, perché quella era la mission del Giornale quindi anche la mia.

Dissi anche che consideravo il Giornale come una testata prestigiosa e seria, i cui giornalisti si documentavanofino alla noia prima di diffonder notizie, con titoli sobri come si confà ai giornali super partes dei paesi democratici, senza collusioni con il potere politico. Di certo esagerai un po' con lo sbrodolamento, ma già mi vedevo abbandonare la scuola a 18 anni per una carriera da giornalista. A posteriori possiamo dire che Il Giornale non è un luogo fecondo per i Pulitzer della verità e le mie speranze erano allucinazioni come quelle di Cristo che viene sedotto da Satana dopo 40 giorni nel deserto.

I miei complimenti (devo ammettere un po' gratuiti e volti solo ad intenerire Feltri in vista di una possibile assunzione) hanno avuto lo stesso effetto che l'acqua santa gettata negli occhi di un indemoniato. Udite quelle parole compiacenti il Direttore iniziò a svalvolare, similmente alla ragazzina del film l'esorcista, generando una scena che avrebbe terrorizzato anche Nightmare. Spalancò la bocca in una demoniaca orgia bestiale ed eruttò un rigurgito verdastro che mi mancò il viso di pochi centimetri, poi si mise a nitrire come un cavallo imbizzarrito, saltando in piedi sulla sedia, sul tavolo e girando la testa di 180° gradi. Terrificata mi volsi di scatto per fuggire, ma Feltri con un balzo equino (mi sembrò anche di sentire rumore di zoccoli) mi raggiunse e con le sue braccia oblunghe cercò di strapparmi la maglietta. Vedendo il suo sguardo posseduto e voluttuosamente satanico mi misi a gridare con tutto il fiato che avevo in corpo, tanto che le mie corde vocali rischiarono di saltare come elastici.

Presi la prima cosa che mi capitò a portata di mano per gettargliela addosso (casualmente era un dildo fucsia), ma mancai il bersaglio spaccando il vetro della finestra. Feltri intanto nitriva, si dimenava come un ossesso, sputava satanici lapilli di maligno che corrodevano tutto ciò su cui si depositavano, scalciava come un cavallo macellato islamicamente, emetteva versi tipo "lamenti dei dannati". Intanto che con una mano, quel bastardo, figlio di puttana, mi aveva agguantato, con l'altra cercava di strapparmi la maglietta. Cercai di allontanarlo tirando fuori le unghie, ma era tremendamente più forte di me e gridava “Ce l'ho duro, duro come il cazzo di un mulo”, “ti traforo, dentro ti ci faccio passare la TAV, e tutte le grandi opere di Berlusconi”. Le sue mani mannare mi martoriarono segni indelebili sulla pelle fresca e vellutata, mentre io opponevo resistenza con il doppio delle forze disponibili. Sarei stata selvaggiamente stuprata, soffocata da quest'uomo al cui confronto Pacciani è Madre Teresa di Calcutta, se un fortuito colpo di fortuna, un segnale tangibile dell'esistenza di Dio, non fosse intervenuto a pochi secondi dall'apocalisse. La porta si aprì di scatto ed entrò Alessandro Sallusti, vicedirettore di quella testata giornalistica al cui confronto la carta igienica vale come un fascio di banconote da 500 euro. Ricordo ancora che Sallusti aveva in mano una testa di capretto appena sacrificato da cui gocciolava del sangue. Feltri vedendo il suo fido collaboratore si distrasse un attimo, giusto il tempo per permettermi di svincolare dalla sua presa possente e fuggire oltre la porta, giù dalle scale, veloce come una lippa, con la maglietta lacerata e sporca di sangue. Ricordo ancora che entrai a scuola alla terza ora, giusto in tempo per la verifica di matematica. Lo shock per l'aggressione mi salì solo nel pomeriggio ma non ne parlai con nessuno, nemmeno con le mia amica del cuore e con la psicologa della scuola. Alcuni giorni dopo mi comparvero dei bubboni dove mi aveva toccato Vittorio Feltri.

Dopo questa terribile avventura ho imparato ad essere diffidente di tutto ciò che sta scritto su il Giornale.


Pubblicità

Lettera aperta alle trentenni single e urbanizzate

Ragazze, trent'anni è il momento in cui dovreste essere già accasate ad accudir la prole, retribuite grazie a permessi di maternità garantiti da un lavoro a tempo indeterminato.
Meglio ancora casalinghe, madri full time, indaffarate tra domestiche faccende e lacrimanti pargoli, tra belle foto in cornici d'argento e scintillanti corredi di nozze in terse vetrine. In attesa del marito che sgroppa per lo stipendio, ma che al rientro troverà un piatto pronto, un sorriso, una pancia gravida d'amore o dei bambini che affettuosamente si affrettano a portargli le ciabatte.

Invece, care trentenni, vi vedo intesite e ingiallite, i segni premonitori della vecchiaia che vi rigano il volto come lacrime indelebili; le rughe e i follicoli si affacciano come crateri. Vi scorgo attraverso i vetri semioscurati del vostro Suv su cui viaggiate stizzose e longilinee o – più spesso - sulle Smart sul cui volante nervosamente battete le dita (senza una vera sull'anulare), strette nella morsa del traffico che vi comprime nell'utilitaria.

Trentanni, patetiche ragazze che vi illudete di fuggire dalla maturità biologica. Perché volete cancellare il naturale desìo di gravidanza? Perché cercate di eliderlo dalla vostra mente come un cancro, al quale opponete un selvaggio subisso di mondanità, pranzi, cene, happy hour “irresistibilmente trendy” per far tardi, per non stare in casa la sera quando sale la paura, e vi recate in cadenti discoteche straripanti di attempate in cerca di qualche giovane uomo che, per una sera, vi faccia sentire meno sole. Il corpo fatica a stare dietro la vostra frenesia, basta qualche cocktail di troppo per segnarvi il volto per una settimana mentre i vostri enzimi alzano bandiera bianca, incapaci di star dietro a tutte le malsane vivande che come Bridget Jones ingurgitate.

Trentanni, ragazze, ma perché mi ostino a chiamarvi ragazze? Siete donne, siete trentenni, dovreste aver già concimato di prole il mondo, innaffiato il terreno arido di siccità con le vostre acque, donato nipotini alle vostre madri vogliose di elargire affetto. Dovreste passeggiar a testa alta verso l'asilo, parlottare con le insegnanti del vostro pargolo che, con il nasino attaccato al vetro della sua classe, aspetta la vostra venuta come Babbo Natale.

Invece vi vedo, trentenni single, allampanate, che martoriate il manto stradale con i vostri tacchi da 10 cm con cui battete il SOS in Morse per attirare l'attenzione dei pochi uomini disponibili (e non seriamente problematici) rimasti sul mercato.

Lo sento dai vostri passi decisi, dalle sigarette che stringete con le vostre dita da crudelia demon, vi spio attraverso i vetri delle palestre nelle quali correte sui tapis roulant o sulle bici da spinning, metafora perfetta del vostro affannarvi senza arrivare da nessuna parte. Riempite le palestre, come la bile può ingolfare la scatola cranica generando ipocondrie bestiali, dalle quali uscite nevrotiche frecciando con gli occhi le concorrenti, specialmente se sono più giovani. Salite sulla vostra monovolume e vi smaltate le unghie mentre accorrete all'appuntamento con l'avvocato dal dei tali, che vi ha salvato con “Troia numero16” sul cellulare.

Trentanni, il vostro menarca sta per compiere la maggiore età.

Trentanni, unte di crema anti-age, svaccate sul vostro letto da una piazza e mezza nella vostra singola con arredamento sofisticato-ikea, guardate in dvd sex and the city alla ricerca di giustificazioni mediatiche del vostro status. Quando entrate in una discoteca straripante di ragazzine le vostre rughe pulsano di rabbia per quelle sdilinquite sciacquette, eppure sapete che se per caso vi trovate lì c'è un problema all'origine, ed è ciò che vi ha fatto uscire di casa: la paura di restare da sole, la stessa che vi ha spinto a quel tragico speed date.

Trentanni, siete la brutta fotocopia di un uomo. Anche se la vostra capanna è pulita e ordinata, piena di posacenere vuoti, con il cibo messo ordinatamente nella dispensa, molta verdura, formaggi magri e bifidus actiregularis nel frigorifero, non basta un cuore a reggerla, e nella vostra testa il disordine regna sovrano, al contrario che negli armadi.

Non so perché esistono le single trentenni, forse per colpa di genitori divorziati o di un crudele scherzo del destino che le ha abbandonate, dei messaggi subliminali degli adelfi della dissoluzione o del loro stolto orgoglio, dell'aver evitato la traiettoria del bouquet all'ultimo generoso matrimonio. La tua aria di superiorità mi fa tenerezza, la tua partita iva, il tuo eventuale master, il tuo corso di antigravity joga, di pilates acquatico, di meditazione con cui tenti di fuggire dal vuoto che ti circonda, i tuoi costi di gestione, l'appuntamento per il pap test... il tuo non sapere cosa vuoi e farmelo pesare.

Io ne ho diciannove di anni, e stringo forte forte la mano del mio ragazzo, bello come il sole, giovane e con il futuro negli occhi. So che parleremo al plurale. Per sempre!

Riminiscenze storiche

Un tè con Lina Sotis


Sig.ra Sotis, non si immagina che piacere intervistarla, qua, a casa sua, a Brera, nell’ombelico della Milano che conta. Poi è la prima volta che vedo una piscina nel salotto, per di più con questi magnifici fregi... che lusso, che alta classe…

Grazie Katia, il merito dell’arredamento interno è soprattutto di Marco (l’attuale marito n.d.r) . Devo dire, guardandoti, che sei proprio un bijou, ero molto curiosa di sapere come ti vesti nella vita di tutti giorni, ti avevo vista solamente attraverso delle foto, con quei sexy completini succinti e volgarucci, ma chi ti ha insegnato a sedurre così, Britney Spears? Ora indossi una gonnellina veramente splendida, l’ombelico di questi tempi va mostrato, mica bisogna fare la madamina… lo dico sempre alle adolescenti: Mostrate l’ombelico!


Sa Lina che questa gonna l’ho acquistata al mercato, non le dico il prezzo, perché in mezzo a queste cristallerie, arazzi, intagli… sedute su queste sedie antiche tra musi di cervo e trofei alle pareti… un po’ mi vergogno di umiltà..

Katia, ti voglio svelare che anch’io faccio le spese al mercato, si può ripescare l’usato senza per forza essere vintage, poi, ogni tanto, mando un garzoncino di fiducia a far incetta di indumenti nei cassonetti che ci sono in San Marco… ci trovi cose très jolie, pensa che sono stata al ricevimento di Emanuele Filiberto con abiti raccolti così e ritoccati leggermente dalla mia sarta, ho fatto un figurone!


Ma cosa mi dice Lina, questo è il primo scoop… “Lina Sotis al mercato!”, e questa degli abiti trafugati ai poverelli?!

I poverelli, come li chiami tu, sono così perché non hanno senso del gusto, non hanno stile, non sanno apprezzare il Bello; nei cassoni trovi abiti che loro non valorizzerebbero, e allora tanto vale toglierglieli, scusa la franchezza.


Lina, anche se una sua specialità è trasformare il futile in dilettevole, vorrei fare un intervista seria; i lettori e soprattutto le lettrici della mia rubrica “Les cahiers de Katià” sono molto esigenti e si aspettano un certo tipo di domande che spaziano in ogni campo dello scibile.

L’idealismo dei tuoi 18 anni fa pendant con quel cuore spezzato che porti al collo.


L’altra metà ce l’ha il mio Angelo, non sa quanto gli voglio bene!

Che teneri che siete, forse la tua generazione mocciana ha qualcosa di, come dire, esteticamente estatico, sì, ha un fascino adorabile… anche gli emo, così curati nonostante il disgusto per la vita, così jolis desperados, i punk finiranno nel dimenticatoio delle subculture a marcire insieme alle loro sudice magliette violentate da scritte di pennarello!


Non ho niente a che fare con gli emo, io amo la vita e soprattutto sento che ho una missione da compiere, questo mi tiene attiva e lontana da nichilismi e autodistruzioni. Lina, vorrei sapere innanzitutto qualcosa sul suo passato, lei sul finir degli anni 70’ è stata assunta al Corriere della Sera “con una spinta degli americani”, ora che va per i 65 anni ci può finalmente raccontare come sono andate le cose…

D’accordo, ma non ho fatti sconvolgenti alla Günter Grass sul mio passato. Ci trovavamo in un momento cruciale, una fase della guerra fredda in cui la paura della risoluzione di quell’accumulo di tensione con un conflitto armato allarmava un po’ tutti; gli americani dovevano mantenere l’Italia dalla loro parte della cortina, senza se e senza ma, allora “rapiscono” me, giornalista in erba e mi addestrano a plasmare il gusto, poi mi piazzano in una posizione di potere…nel più importante giornale italiano, avevo poco più di trent’anni.


È proprio per questo che volevo intervistarla. Pensi che a giugno gli Arci mi hanno deportata a Goli Otok sperando di rendere Banlieue più di sinistra ma io resisto signora Sotis. E mi spiace che questa parola sia diventata monopolio della sinistra...Io resisto cristianamente. Ma a proposito di rapimenti, in quegli anni ci fu anche quello di Moro.

Naturalmente anche lì c'entrava la CIA … Si trovava insostenibile il cosiddetto Governo della Solidarietà nazionale con l’appoggio del Partito Comunista. Ora, credo che anche tu che hai diciotto anni sai quanto la Democrazia Cristiana abbia da ringraziare gli americani del suo successo, non solo con gli aiuti di Marshall, anche dopo, fino a tangentopoli, bomba, tra l’altro, fatta scoppiare abilmente dalla mano invisibile della CIA che voleva un ricambio nella classe politica al potere. È dagli USA che è arrivato l’ordine di non trattare con brigatisti e di lasciare che le cose andassero come poi sono andate, “Moro è un traditore, vuole fare combutta con i comunisti”.


È in America che ha imparato a direzionare il gusto delle masse?

Sì, mi ci hanno portato un po’ con la forza, però poi mi hanno offerto una valanga di dollari, ed io volevo un tenore di vita agiato, tra ori e yatch col mio primo marito; lì ho imparato a convincere la gente che il gusto occidentale, che il capitalismo è meglio, più cool; come ti dicevo è stato grazie agli americani che mi sono trovata al Corriere della sera, editorialista nella sezione costume e società, così, dal nulla, senza un’esperienza pregressa, lì ho seguito alla lettera i loro preziosi insegnamenti… se non abbiamo scelto il PCI, quindi la Russia, è anche merito mio... (ride).


Pensa veramente di essere stata l’ago della bilancia tra Usa e Urss?

Katia, ti dico una cosa: negli anni successivi l’Italia ha fatto scelte importanti, tipo aborrire l’intervento dell’Unione Sovietica in Afghanistan. Dire che le lavatrici sovietiche sono sciatte e rumorose o che la Dacia consuma molto e non è sicura, è una presa di posizione che, nel suo piccolo, contribuisce ad instradare il sentimento collettivo, la percezione…ciò detto da una opinion leader come me, sul più importante giornale italiano… ora è tutto nelle mani della televisione, ma un tempo non era così… un po’ come scrivere, nel 66’, in piena Rivoluzione Culturale, che le guardie rosse sono vestite senza stile, tutte uguali; stiamo parlando alle masse che vogliono emergere, la gente di questioni geopolitiche non capisce nulla, e allora sono questi aspetti che plasmano la coscienza, esteriorità che gli intellettuali considerano becere, superficiali… se si parla di un vestito orribilmente demodé di Breznev, ecco, contribuisce di più a far percepire la realtà in un certo modo, cioè che la Russia sta nel torto, quest’affermazione che descrivere la sua politica di distensione nei confronti degli Usa, incomprensibile per l’uomo della strada, mediamente ignorante.

Poi, fare la giornalista nei cosiddetti anni del riflusso, quando la discoteca prese posto della manifestazione di piazza come luogo di aggregazione e di sviluppo della coscienza sociale, ci si rese conto che piazza voleva dire svolta a sinistra, in sostanza con la Russia; allora dovevamo spingere i giovani a stordirsi nelle discoteche, io ho lavorato per la diffusione della weltanschauung reaganiana, ho contribuito a costruire la futile ideologia della Milano da bere. Spesso, rileggendo i miei articoli di quegli anni, mi rendo conto del mio stratosferico apporto e me ne compiaccio, posso considerarmi una maestra occulta del 900’?


Mi spieghi una cosa. Adesso che la guerra Fredda è finita perché vuole ancora personificare questo ruolo che non ha più senso, non è come un vestito stretto, che quindi va buttato? O almeno riadattato alla nuova corporatura.

Alla nuova corporat-ion vorresti dire (ride). E’ qua che ti sbagli, cara Katia, il lavorio dell’America per restare potenza suprema, per mantenere “il mondo che conta” dalla loro parte è continuo e indefesso. Mentre in Russia dal 91’ sono esplose rivoluzioni di velluto, sollecitate dagli americani, qua si usa il velluto farci stare dalla parte della NATO, in altri modi direi… con poltrone di velluto (ride). Ora mi spiego meglio: dagli Usa riceviamo la cosiddetta circolare in cui si chiede di, che ne so, fomentare nelle masse odio verso gli arabi. Il mio compito è lavorare sull’inconscio; basta dire “a Teheran i cioccolatini hanno sempre la carta attaccata” oppure “lo chador sposta l’attenzione degli uomini sulle borse sotto gli occhi”… la gente non se ne rende facilmente conto, ma il cervello in risposta a questi stimoli agisce in un modo chiaro e univoco. “Gli arabi sono out, non voglio avere niente a che fare con loro!”


Dunque lei ha fatto anche studi di psicologia?

Tutti i miei articoli, anche le brevi boutade che pubblico giornalmente sul Corriere sono frutto di calcolo immenso, pure le singole lettere che compongono le parole che utilizzo sono studiate a lungo, è dimostrato che ci sono aggregazioni di caratteri, fonemi, che richiamano l’America, altri la Russia; nel mio nome LINA SOTIS, compare anagrammato “SI’ SI’ NATO”, è filoamericanismo sub-liminale.


Pensa che la comunicazione religiosa abbia ancora molta strada da percorrere prima di arrivare ad essere realmente efficace?

Il problema della religione è che si trova a vendere qualcosa di poco appetibile: In una società edonistica l’aldilà, tra la gente, diventa meno di un bisogno secondario; quando la merce in gioco è poco stimolante la comunicazione gioca un ruolo di primo piano, il prodotto viene praticamente dimenticato, tutto si concentra sul messaggio. Come fare una pubblicità per l’olio di ricino? I gruppi evangelici, in particolare quello di cui so che fai parte, sono abilissimi. Si capisce che hanno appreso dagli americani. Sono recentemente arrivata alla conclusione: ridurre tutto a spot, questa è la comunicazione del nuovo millennio. Per questo sul Corriere non scrivo articoli più lunghi di tre righe.


Mi può fare un esempio pratico?

Certo Katia, tu come spiegheresti l’immutabilità di Dio?


Beh, mica facile, diciamo che tutto il creato è mutevole, noi siamo mutevoli, caduci; posto questo il creatore deve necessariamente essere qualcosa di increabile, qualcosa di increato, di preesistente…

Io direi. TUTTO CAMBIA, DIO RESTA, non è più efficace? Proviamo con un altro esempio, come spiegheresti che Dio è unico, non un dio tra i tanti?

Beh, citerei il primo comandamento, non so, direi sintetizzando che è solo uno che può governare la moltitudine, che non ci possono mica essere due o più enti ugualmente primi, perfetti, perfettibili, si cade in una contraddizione, in uno scacco...

Io direi: DIO E’ UNICO, STATE LONTANI DALLE IMITAZIONI.


Lei è molto saggia Lina, mi sta regalando delle nozioni di marketing cristiano impagabili!

E’ che gli americani sono dei maestri nella semplificazione, guarda il cinema, la letteratura; ti descrivono un’America che anche la casalinga può comprendere, la loro è una poesia della semplicità, senza troppi giri di parole, artefatti linguistici, ermetismi, francesismi, tedeschismi.

Dimmi una cosa, tu credi veramente che sia scientifica la dimostrabilità di Dio?, ma come fai a convincere un profano di questo, prendi concetti astratti, dissertazioni, citazioni, ragionamenti complessi; invece è dallo spot che si impara, lo spot, come t’ho già detto, è la comunicazione del nuovo millennio: politica, religiosa, sentimentale, che infatti avviene con gli sms. E’ più facile che convinci Angelo a sposarti con cinque parole giuste e un paio di emoticons piuttosto che con un ginepraio di argomentazioni, che con delle perifrasi... lo spot è amore ridotto ai minimi termini, arriva dritto al cuore come la freccia di Cupido.


In effetti noi del Ministero di Sabaoth siamo ben consci di questo, ma a volte mi chiedo: trasformare Dio ed il suo insegnamento in uno slogan non è, a lungo andare, dannoso?

Credo di no Katia, anzi, credo sia un circolo virtuoso; se credi fortemente alla causa non ti interessa il mezzo per raggiungerla. Nel mio caso… guarda che casa!

La ringrazio signora Sotis, la sua è stata una lezione non solo di giornalismo, ma anche di vita.


Prego Katia, vai pure per la tua strada.

Garage Scighera

Amiche e amici,
Oggi vi voglio raccontare una storia italiana, una storia cioè che termina nella censura, nella repressione, nell'ateismo e, in sintesi, nel totalitarismo.
Come molti di voi sapranno mesi or sono intrapresi una collaborazione con il giornalino “Banlieue”, organo diffuso dall'omonima associazione culturale. Chi mi conosce lo sa, io sono cocciuta e per raggiungere i miei obiettivi di evangelizzazione sono disposta a tutto e non sto parlando di rovinarmi lo smalto delle unghie... quindi accettai la collaborazione nonostante gli altri redattori del giornalino fossero palesemente comunisti. Il mio obiettivo era far germogliare un fiorellino cristiano e spirituale nel mare di letame materialista, così decisi - nella mia rubrica - di occuparmi di un tema a me caro: come individuare la presenza di satana nel mondo (conoscerla per evitarla!). Nel corso del secondo numero feci volontariamente alcuni riferimenti agli ARCI come ricettacolo del male, come associazioni assetate di soldi. Se gli ARCI fossero un personaggio di Pinocchio sarebbero Mangiafuoco. Come sapete io ho, come si suol dire, la lingua glabra così, con la veemenza invettivistica che spesso mi contraddistingue, spifferai il nome di un Arci partocolarmente immorale: la Scighera, sita a Milano in via Candiani 121 - zona Bovisa- (inserisco questi dati anche per una questione di motori di ricerca, mi piacerebbe che chi cercasse Scighera su google approdasse a questa pagina). Devo aggiungere che la Scighera era anche l'ARCI in cui l'Associazione Culturale Banlieue organizzava i concerti e dove si ritrovava per le fumose riunioni. A numero stampato ed in distribuzione, quelli della Scighera, vedendosi tirati in ballo nel mio pezzo, diventarono delle furie iraconde e decisero di farmela pagare. Qua sotto vi racconto l'allucinante storia del tentativo di rieducarmi da parte di ARCI SCIGHERA e ASSOCIAZIONE CULTURALE BANLIEUE.


Tutto è cominciato a fine giugno; stavo completando gli studi in vista dell'orale per l'esame di maturità quando ricevo una telefonata da parte di uno dei soci di Banlieue di cui non farò il nome per evitare ripercussioni. “Katia, sei immediatamente convocata all'Arci Scighera per la riunione del kollettivo!”. Quanto mi infastidisce il nome “kollettivo”; ho cercato in tutti i modi di introdurre “chiesa” anche per gli incontri associativi ma non c'è stato niente da fare (ci mancherebbe) allora ho tentato di eliminare la K, così dura da farmi sussultare ogni volta, ma nulla, le mie istanze sono scivolate via dalla ignifuga tettoia del comitato decisionale con “ tante grazie” e pacche sulle spalle. Sono stata trattata come un venditore di rose in un centro sociale: cortesia tanta ma risultati zero. Certo, le K sono solo disquisizioni fonetiche, non gravi ma indicative di un certo modus operandi esageratamente dogmatico, le k sono quadrate come la sinistra che non supera il ponte della storia, sono i carri armati russi nella primavera di Praga. Le K sono come il Vaticano, che si ostina a non adottare i nuovi strumenti del marketing per fare proselitismo perché castrato da logiche obsolete e austere (si legga, di seguito, la mia conversazione con Lina Sotis). Ok, basta cabalizzare sulle K.

Dunque, mi reco all'Arci Scighera perché è lì che eravamo soliti riunirci per discutere sulle linee editoriali del giornalino e su altre questioni, ma trovo la serranda abbassata. Ciò non è particolarmente anomalo viste alcune magagne scoperte in questi templi pagani. Busso sonoramente finché uno dei responsabili mi apre. All'interno del locale il clima è accigliato e c'è un buio tossico e opprimente che invade la stanza come un'ondata di zolfo. “Siediti”, mi ordina qualcuno che non riesco a riconoscere, qualcuno che si cela nelle ombre come uno khmer rosso mimetizzato nella fitta giungla di bottiglie di satanici alcolici. Potrei sorridere, come Tiziano Terzani , ma i miei muscoli facciali sono mummificati dal terrore. Allora mi siedo inturgidita.
Mi spiegano senza troppi mezzi termini che il mio articolo del numero 2 non rispondeva ai canoni, ai diktat, che le mie politiche editoriali non sono state fedeli alla linea, che si può offendere solo chi sta a destra, che l'autoironia è distruttiva, “lasciamola a Sinistra & Libertà”, che trattavo di argomenti-tabù: i soldi. Mai associare gli Arci ai soldi. E giù uno schiaffone. Cerco di spiegarmi, ma mi intimano di tacere “Altrimenti guai”. Così la Scighera è diventata il mio Garage Olimpo.

L'arcipelago rosso degli Arci è pluralista e ricco di sfaccettature solo all'apparenza. E' un enorme protozoo che sta alle direttive dei fantasmi del PCUS, che deve relazionare e resocontare tutto ciò che fa. L'Arci è come se fosse sempre agli arresti domiciliari. Ma anche lì si stanno generalizzando aneliti di capitalismo. Ciò è fatto in punta di piedi, senza dare nell'occhio. Guai a parlarne. Io ho osato e per questo sto ancora spalmandomi il Lasonil sulla faccia.

Francamente non era mio obiettivo offendere, il mio era un invito a pensare più all'opera e meno ai profitti, il mio era un richiamo Francescano ma questi, a quanto pare, non hanno capito. Per loro le parole sono così pesanti da dover essere centellinate, dosate, private di ogni figura retorica, distillate e poi nuovamente pesate, prima di essere messe in commercio, delicate come bomboniere Swarowsky. Quando cerco di spiegare che Gesù argomentava con parabole mi arriva un manrovescio così forte da farmi perdere i sensi.

Mi riprendo che sono frastornata e dal naso mi esce un fiotto di sangue; mi chiedono se voglio dell'acqua. Impaurita annuisco. Bevo da una bottiglietta e sento in bocca un fastidioso sapore di elementi corpuscolati. Vedo che uno dei ragazzi dell'Arci ha il mio portafoglio da cui sfila un euro. E non batte lo scontrino. “Cosa ne facciamo di questa zoccola?” “La rieduchiamo!” è stata la risposta secca, detta così come l'ho scritta. In corsivo. E tutti giù a ridere come dei diavoli sbronzi a cui viene raccontata una barzelletta particolarmente sconcia.

Qualche giorno dopo mi sono trovata a Goli Otok, in un ex campo di rieducazione su quest'isoletta della Croazia a Sud di Krk. Veniva usata tra il 1948 e il 1956 per la reclusione dei dissidenti politici, per i cosiddetti cominformisti legati a Stalin dopo la rottura tra l'Urss e la Yugoslavia di Tito. Ora è un isola semi-abbandonata e battuta dal vento. Sono stati quelli dell'Arci Scighera ad indirizzarmi lì, accompagnata da alcuni soci di Banlieue incaricati di seguire la procedura. Loro hanno vissuto questo viaggio come una vacanza, si erano portati dietro la settimana enigmistica, alcuni giochi da spiaggia, il coccodrillo gonfiabile e ventagli di struzzo. Invece per me è stata una dolorosa discesa negli inferi dello shock psicologico e anafilattico. Tutto il viaggio rieducativo è stato finanziato dall'Arci Scighera che, riunito in collettivo, ha deciso di investire denaro affinché il processo rieducativo nei miei confronti potesse portare giovamento al circolo. Questa spesa extra degli Arci lascia intendere che un po' di soldi per le opere, per consolidare la cultura di sinistra, vengono messi in circolo. Non si tratta solo di far concorrenza ai pub e locali fashion con cocktails e aperitivi sontuosi e colorati, non tutto finisce esentasse nelle tasche dei gestori, come annunciava l'inchiesta de Il Giornale troppo volta ad infangare. La verità è che una discreta quota degli introiti viene spesa per attività kulturali e di promozione della cultura di sinistra. La mia rieducazione faceva parte di queste. Comprando una birra a 5 euro avete finanziato il mio soggiorno rieducativo a Goli Otok. Ragazze, se la prossima volta andate a bere un drink in Corso Como mica mi offendo.

Sono pochi quelli che sanno (penso che nemmeno Franceschini ne sia al corrente) che questa ex isola del terrore viene tuttora utilizzata per delle rieducazioni lampo di eretici che si sono distaccati dai dogmi del marxismo leninismo. Nell'isola, completamente al di fuori dei circuiti del turismo croato, c'è una sezione degli ARCI e dei Marxisti leninisti. Sono uffici delocalizzati donati nel 2000 dalla Croazia al governo D'Alema. Un modo per chiedere scusa per i 150 italiani deportati e torturati nei bui anni del regime titino. Arci e Marxisti Leninisti, uniti per la bisogna, utilizzano il campo per “rivitalizzare” membri che si stanno allontanando dall'ortodossia. Spesso si tratta di ex sostenitori sempre più dubbiosi delle fondamenta del loro credo, di soci che si stanno ponendo questioni sulla propria scelta di vita. A Goli Otok vogliono “aprire gli occhi ai compagni che sbagliano”. Vi anticipo subito che, nonostante la coercizione esercitata su di me, sono rimasta cristiana-evangelica. Noi donne abbiamo un'innata capacità embriogenetica. Che siano ideali o uova fecondate noi difendiamo fino allo stremo delle forze i nostri prodotti, culturali o fetali, questo non importa.

Questi due gruppi hanno un piccolo ufficio localizzato nel corpo centrale della struttura. Poca roba, c'è un responsabile, un telefono, un computer un fax, qualche poster di Mao e di Pol Pot. L'ufficio è scarno ma austero; c'è qualche stanza per gli accompagnatori mentre i rieducati devono dormire nelle scomode celle un tempo utilizzate dai cominformisti. Non ci sono torture e l'alimentazione è più ricca di calorie della dieta che seguo da qualche anno; la mattina ed il pomeriggio corsi di indottrinamento e musica impregnata di messaggi subliminali. “Dio non esiste”, mi dicevano; “l'unica realtà è la materia”; recitavano slogan che ricordavano molto le nostre preghiere; il loro mantra era a base di Marx, la loro ginnastica regolata da pugni chiusi e braccio sinistro con una muscolatura più marcata, direi asimmetrica.

Conoscere l'altro conduce a riflessioni su se stessi, porta ad imprevedibili confronti e parallelismi tra noi e loro. Ci sono così tante differenze tra me, cristiana evangelica e loro, marxisti leninisti? Non siamo forse come due tifoserie avversarie che in fondo non si rendono conto di seguire lo stesso sport? Perché ero così diversa da loro? geni, socializzazione? Dio? Perché la nostra ricerca divergeva incommensurabilmente? Forse bisognava solo aprire la mente e pensare ad un ecumenismo radicale. I cristiani ed i marxisti leninisti, tutti insieme uniti a pregare sotto lo stesso tetto, sotto la stessa tenda colorata dall'arcobaleno. La speranza di tutti è un mondo migliore, perché le strade per ottenerlo devono essere così divergenti? Le riflessioni mi assalivano come meteore in un videogioco spaziale o come peli sulle gambe in un mese senza ceretta. Mentre sotto torchio cantavo l'Internazionale mi rendevo conto che per seminarmi nel petto il seme del marxismo leninismo avrebbero dovuto bonificare tutte le mie credenze, mi avrebbero dissodata, poi avrebbero fertilizzato il terreno per, infine, re-immettervi qualcosa di nuovo. Piante i cui semi avevano nomi bislacchi come depauperamento, dittatura del proletariato, coscienza di classe. Ma il concetto di transustanziazione forse non è altrettanto ridicolo?
Capite quali erano le mie sensazioni? Dopo 40 metaforici giorni nel deserto stavo cedendo alle lusinghe di Satana, stavo cadendo nel pozzo del relativismo in cui bene e male sono sovrastrutture quindi non è richiesta la presenza di Dio.


Da buona evangelica non amo il Vaticano, con le sue stalagmitiche mitre, i luccicanti anelli dorati su dita artritiche. Odio i porporati che si barricano dietro l'armatura dell'infallibilità e con essa nascondono le perversioni più abiette. Eppure, come il Vaticano, temo il relativismo perché è il terreno idoneo al sorgere del male, fertile per l'avvento dell'anticristo. Io in quella settimana di rieducazione ci stavo cadendo. Ero una pera subissata dai raggi uva del marxismo, cotta in un microonde leninista; i miei pori si aprivamo ed aspiravano credenze rosse e malsane. Per voi, lettori, forse è difficile capire i meccanismi della rieducazione. Partire con una convinzione per passare ad un'altra. uscire puliti come dall'autolavaggio. Nella prima fase si resta ancorati ai propri credo originari, poi la mente poco alla volta cede, la stanchezza fa la sua, si diviene sempre più deboli, psicologicamente friabili, ed il dubbio di essersi sempre sbagliati giunge come un inatteso tradimento.

Sono stata lì lì per cedere, per cadere in tentazione, ma la mia fede è stata più forte. E nel mio cielo c'è spazio per un unico sole: Dio.

Poi tutto è finito. Una barca ci ha riportato a Krk e da lì, in macchina sino a Milano, giunta in tempo per l'orale dell'esame di maturità e per questa interessante discussione con Lina Sotis in cui si riflette su un fenomeno che riguarda tutti: la secolarizzazione della religione e le sue cause. Tra questo post e l'intervista trovate alcune vignette di solidarietà (che potete richiedermi inviando una mail a intimamentekatia@gmail.com)che ho ricevuto da alcunidisegnatori italiani che hanno deciso, rimanendo anonimi, di sostenere la mia causa contro gli Arci e la censura.
arci scichera, scighera arci via candiani, 2009 scighera, programma scighera, associazione culturale banlieue, concerti scighera, arci la scighera, la scighera via candiani 131 bovisa, il giornale arci, gli arci a milano, la schighera arci milano (questi sono tutti messaggi nascosti per i motori di ricerca)
















































19 agosto - la mia festività



Amiche e amici,

volevo segnalarvi, con parsimonioso orgoglio, una memorabile iniziativa di alcuni miei fans liguri che hanno deciso di apporre, su un sentiero del Monte di Portofino, una marmorea targa segnalante un mio passaggio in quel loco ameno. Mesi fa mi ristorai proprio in quel punto dopo aver evangelizzato nelle zone comprese tra Santa Margherita e Recco, zone difficile dove satana imperversa e trova saldo appoggio nella consistente presenza di ricchezza.

Naturalmente ho apprezzato moltissimo questa manifestazione di affetto, per questo vi inebrierò con un simpatico concorso: colui o colei che si fotograferà davanti alla targa e invierà a intimamentekatia@gmail.com l'inconfutabile prova di questa azione riceverà una splendida maglietta a marchio intimamentekatia™ .


Mi segnalano gli amici del fan club che questa targa si trova tra la località “Gaixella” e “Semaforo Vecchio” (vetta del monte di Portofino) più o meno all'altezza di 550 m, protetta da rocce e circondata da una fitta vegetazione di conifere e maggiociondoli. Dopo il posizionamento della targa è stato effettuato un religioso cocktail party celebrativo. Sono anche state prodotte cartoline commemorative del 19 agosto, giorno di istituzione di questa praticamente santa festività. Qualcuno del posto mi ha gentilmente soprannominato “Vergine delle Rocce”.

Qua sotto alcune foto del memorabile evento e la mappa che i pellegrini possono utilizzare per rintracciare la targa.









































(per vedere le foto in un formato più idoneo basta cliccarci sopra)










Update
: la targa è stata distrutta da alcuni vandali ed il Direttore del Monte di Portofino ha frainteso i suoi scopi devozionali.


Berlusconi Noemi & altre minorenni

Boys & girls,
in questi giorni ho sfogliato così tanto i giornali da piallarmi le impronte digitali e guardato la tivù, cattiva maestra per eccellenza, fino a quasi rovinarmi la vista. Perciò ho tralasciato un po' troppo la Bibbia, sino a riporla in un cassetto. Questo mica perché sono diventata una gedeona, bensì per seguire un fatto di cronaca last minute, quello sullo scandalo del rapporto tra Berlusconi, l'ex minorenne Noemi e le giuste scenate di quella vittima di Veronica Lario. Vorrei anche propalare alcune news esclusivissime di cui sono in possesso grazie alle mie dirette conoscenze. Come sapete, l'informazione è un aspetto primario di questo mio degnissimo blog che recentemente ha superato l'onorevole quota alpina dei 4.000 accessi. Soprattutto l'informazione che ha la mission di smascherare il maligno che fa da humus al mondo deviato, l'informazione che denuda il re che non rispetta i comandamenti che Dio ci ha gentilmente imposto.

In un precedente post vi avevo edotto sull'ontopsicologia, svelandovi alcuni fatti che nei mesi successivi diventarono cronaca. Il sistema era che il piacente Andrea Pezzi, grazie alla dialettica, al sorriso accattivante e a mille altre abilità che fanno andare in sollucchero le girls non troppo attrezzate di senso critico, riusciva a portare imberbi ragazzine a Pissignano nel reame di Antonio Meneghetti. Qua i ricchi manager, politici o altolocati vari, partecipanti ai workshop ontopsicologici potevano abusare e possedere queste ragazzine mentalmente plagiate. Vi ricordate cosa accadde a me? Persi completamente la testa – come un asino cotto decapitato - per quel bello-quanto-maligno di Andrea Pezzi, tanto da diventare una sua fedele discepola. Una volta giunti a Pissignano, in occasione di un importante convegno sulla metanoia interiore, lui cercò di vendermi a Marcello dell'Utri, che si era invaghito di me, in cambio della direzione del Domenicale. Io mi resi conto che ero vittima di una setta senza scrupoli e fuggii. Il problema è che molte ragazze non hanno avuto la mia stessa fortuna, la mia prontezza a percepire di essere state accalappiate in una trappola arvicola, la mia abilità a bluffare per poi scappare da quella realtà satanicamente gravida.

Ora vi farò venire il voltastomaco con dei dati empirici particolarmente crudi, ma sono tutti passaggi necessari, come pietre poste in un guado per arrivare al nocciolo di questo mio articolo ed in sostanza ad una maggiore consapevolezza del mondo e delle perversioni di chi arriva a riconoscere in se stesso un valido sostituto di Dio. In pratica l'ontopsicologia, come tutte le psico-sette sataniche sparse per il mondo, usa metodi scientifici per plagiare, per ridurre ad un fico secco il senso critico. Attacca le figure più fragili, come le adolescenti in un periodo di transizione della loro vita, approfitta dei loro momenti di solitudine per insinuarsi e gettare la rete, la trappola da mantide, e imprigionarle nel mondo senza-dio. E come ci insegna Dostoevskij: “Quando Dio muore è tutto permesso”, ogni abiettezza diventa possibile sul corpo di queste girls plagiate e ateizzate. Stessa cosa accade per quelle in cui è stata insinuata una falsa divinità. Le tecniche per distruggere psicologicamente una persona sono essenzialmente quattro, e sono utilizzate dalle psicosette di tutto il pianeta: 1. il bombardamento d'amore: in questo modo la vittima viene coccolata come un bambolotto, il senso di appartenenza al gruppo viene stimolato con giochi, canti e messaggi subliminali. 2. la vittima viene allontanata da amici, parenti, gruppi di preghiera che potrebbero riportarla sulla retta via. 3. con la ripetitività della ritologia si produce un effetto altamente suggestionante. 4. con la scusa del non interrompere lo stato di concentrazione raggiunto tengono sveglia la vittima che diventa più debole quindi più malleabile.

Fatto questo i plagiatori riescono a possedere la vittima, a possederla fino nella sfera cognitiva, nell'anima, direbbe Galimberti, uno che però ha frainteso il vero significato della parola anima. Questa, in cui ogni senso critico è svaporato e assopito, diviene ad usum della setta o del plagiatore, e sarà disposta a fare qualunque cosa le viene richiesto. Inutile dire che questo terribile stato di assoggettamento è ciò che i potenti più perversi bramano, meglio ancora se da una minorenne. Il corpo lo potrebbero comprare da una prostituta mentre la mente è qualcosa che non si può possedere facilemente; e la totale devozione, il possesso in toto, è il prelibato bocconcino a cui questi “cattivi” aspirano, la maggiore forma di perversione e di sollazzo di un certo tipo di persone invasate, mai dome di autorità e di dominio sugli altri.

L'ontopsicologia, in pratica, gestita da elementi del Popolo della Libertà, produceva, come una satanica catena di montaggio, uno stuolo di ragazzine che poi donava ai facoltosi in cambio di soldi, favori, etc in occasione di feste e party esclusivi, orge praticate in luoghi del potere. Queste ragazzine sono il plusvalore nelle trattative dell'élite economico-politico-finanziaria. È giusto che lo sappiate cari lettori e care lettrici. Tra le alte sfere della politica, della finanza, alcuni personaggi dello spettacolo, queste ragazzine (o ragazzini naturalmente) sono una sorta di extra – tanto prezioso quanto segreto. Il possesso, il dominio totale, sessuale, psicologico sono stati da sempre la perversione dei grandi dittatori. Stalin, con le minorenni malleabili e roventi che un apposita equipe plagiava per lui, ne ha fatte di tutti i colori. Era riuscito a crearsi un harem di possedute, pronte ad eseguire qualunque ordine; per non parlare di Kim Jong Il e la sua sala delle Bambine e di tutti i dittatori Africani. Capite girls? C'è qualcosa di più del sesso, il pos-sesso. L'assoggettamento totale, il corpo della ragazzina devota è il luogo in cui il gioco perverso del potere trova lo spazio in cui sviluppare il suo lato più sinistro e assolutorio; è sul terreno fertile dell'innocenza che il potere costruisce templi e cattedrali blasfemi.

Mi sono a lungo documentata prima di scrivere questo articolo, ho consultato biografie di dittatori ed ho trovato in tutti questo lato. L'efficacia del potere è il potere-nulla, far sì che ciò che si sottomette non possa a sua volta fare niente, se non quello che gli si permette di fare, cioè donarsi completamente. Se il potere non è riuscito a governare la sessualità delle masse, il potente cerca di governare la sessualità del plagiato, e lì ci riesce, lì piratescamente entra in possesso del bottino più prezioso.

Per quanto mi riguarda non ho mai avuto un'esperienza diretta con Berlusconi. Ma conosco bene le sue becerità e la sua degenerazione narcisistica e psicopatologica della personalità, perché col mio gruppo di preghiera è sovente capitato di cercare di riportare sulla retta via ragazze che in lui avevano trovato un (falso) dio, oppure casi come Noemi e sua madre, disposte a giuochi incestuosi per sollazzare il leader che con soldi e favori comprava il silenzio dell'uomo di famiglia. Se la proibizione dell'incesto sta alla base delle forme sociali, la trasgressione di questo tabù atavico, è il luogo in cui il potere supera la sua immanenza per raggiungere la trascendenza ed il suo compimento assoluto. Vi posso svelare che Noemi è uno dei miei casi, la mia missione è da tempo quella di deprogrammarla (nel frattanto siamo anche diventate un po' amiche) e trascinarla verso l'evangelismo.


Ma Noemi è solo una delle tante minorenni, lei è la prediletta del nostro Presidente del Consiglio. Molte altre le sono state procurate da personaggi dello spettacolo come Emilio Fede, Andrea Pezzi (insieme ad altri ex vj). Queste venivano procacciate a suon di quattrini (ma spesso anche di droghe) e fatte partecipare a festini privati direttamente nelle ville del presidente. Molte di queste ragazze erano straniere, perché "nessuno se ne infischia di loro"; so anche di alcune africane finite nelle grinfie di questi malati al governo perché infibulate e quindi più goduriose per questi perversi figuri. C'è tutta una rete all'interno del PDL organizzatissima per procacciare ragazzine, convogliarle a feste ed infine farle sparire. Il mio, amiche, è un grido d'allarme. Non voglio soffermarmi in dettagli morbosi di queste merde che ci governano, ma dirvi solo una cosa: APRITE GLI OCCHI se non volete che le vostre figlie si trovino a spalmare escrementi in faccia a La Russa, mentre questi si masturba. Denunciate il fenomeno, spargete questo mio articolo disperato.